30/09/10

DA OGGI PUOI FIRMARE LA NOSTRA PETIZIONE ANCHE ON-LINE

Roma deve recuperare quel grande patrimonio floro faunistico e archeologico costituito dall’intero bacino della valle del Tevere, per farlo ritornare, ad essere il “biondo Tevere” dei nostri avi romani. Dopo anni di progetti, troppo spesso rimasti solo sulla carta per l'incapacità amministrativa di chi ha governato Roma fino ad oggi, noi riteniamo che il Parco del Tevere debba essere riperimetrato e riconosciuto a livello istituzionale come tale e debba rientrare nell’ambito di una più vasta pianificazione territoriale. A cominciare dal tratto nord (Castel Giubileo) dove si assiste ad uno sconcio urbanistico caratterizzato da demolitori di automobili, rottamatori, impianti per la vendita di auto, insediamenti artigianali e industriali, edilizia fatiscente, baracche ed accampamenti di senza tetto che sorgono in più parti. Nella zona Ostiense, ben 80 ettari di aree industriali dismesse, anziché essere utilizzate per costituire il Parco Tevere Sud, vengono nuovamente lottizzate per uffici dell’Enel, Acea , ecc. ed una minima ed esigua parte rispetto al progetto iniziale è stata concessa per il Parco Pian due Torri. Andando verso il mare, il Tevere vede i suoi argini assaliti dai rifiuti, discariche e baraccopoli sia in muratura sia di fortuna, ed un abusivismo selvaggio che ha fatto scempio dell’Isola Sacra, mentre Fiumara Grande è stata trasformata in un gigantesco rimessaggio per circa 3000 barche che dovrebbe essere organizzato meglio e con minor impatto ambientale.

IL COMITATO "BIONDO TEVERE" E IL "FRONTE VERDE ECOLOGISTI INDIPENDENTI" PROPONGONO:

1. Chiediamo una nuova struttura territoriale, che si occupi esclusivamente del Tevere, accorpando le varie competenze che
oggi sono divise tra i diversi organismi ed enti.

2. La Tutela di Aree Golenari e Piane Alluvionali ancora morfologicamente integre nonché recupero di quelle compromesse con l’abusivismo, grazie ad un programma di espropriazione, demolizione e riassetto naturalistico che preservi – nel contempo – le attività lavorative esistenti, trasferendole su superfici commerciali sostitutive predisposte dall’Ente territoriale competente.

3. Potenziamento degli attuali depuratori in modo da “trattare” e disinquinare al 100% gli scarichi confluenti nel Tevere.

4. L'attivazione di un collegamento di Metropolitana - Fluviale: tornato a essere un vero fiume, grazie al suo completo recupero igienico-sanitario, il Tevere deve riproporsi navigabile e non solo a fini turistici. Per questo proponiamo, anche per salvaguardare la morfologia e l'ecosistema, che la navigazione a motore sia autorizzata per soli scopi di trasporto pubblico e turistico (con conseguenti benefici effetti per l'occupazione e l'economia). La realizzazione di approdi a Fiumara Grande, Magliana e Castel Giubileo, così da collegare tre grandi poli tangenti il G.R.A.

Per sostenere la petizione:

http://www.petizionionline.it/petizione/progetto-biondo-tevere/2179

27/09/10

Firenze, resoconto Direzione nazionale Fronte Verde Ecologisti Indipendenti

Firenze 27.09.10 - Si è svolta domenica 26 settembre a Firenze la riunione della Direzione nazionale del movimento "Fronte Verde Ecologisti Indipendenti". L'assemblea si è aperta con il saluto del Vicepresidente nazionale dott. Marco Tarelli padrone di casa, successivamente, è stata la volta della relazione del Presidente nazionale Vincenzo Galizia, che ha iniziato il suo intervento con un analisi della situazione politica nazionale attuale, spiegando come il Movimento «si preparerà fin da subito per farsi trovare pronto, alle sempre più probabili elezioni politiche, che dovranno veder presente sulla scheda elettorale anche il simbolo del Fronte Verde». Galizia ha inoltre ricordato come FVEI sta crescendo sul territorio con l'apertura di nuove sedi e la nomina di Coordinatori regionali e Responsabili federali, anche in zone dove prima il movimento era assente. Successivamente è intervenuto Sebastiano Campo, Presidente nazionale del "Movimento dei Cittadini Italiani" che ha lanciato idee e proposte per iniziative sul territorio comuni con il Fronte Verde. Dopo Campo, sono intervenuti tra gli altri dirigenti nazionale del Fronte Verde, il Vicepresidente nazionale Gennaro Casillo, il Coordinatore regionale delle Marche Tonino Quattrini, il Coordinatore regionale della Sicilia Dario Strano, la Coordinatrice regionale della Toscana Maria Remedios Bessi ed il Responsabile federale di Prato Andrea Baroncelli. Ha chiuso i lavori il Presidente nazionale Galizia che ha dato appuntamento per fine ottobre a Roma per la nuova riunione di Direzione nazionale.

18/09/10

Afghanistan, ancora un caduto italiano. Vincenzo Galizia: "finirà mai questa guerra?"

Roma 17.09.10 - E' morto uno dei due soldati italiani feriti in azione stamani. I due militari erano rimasti feriti nel corso di un'operazione della Task Force 45, costituita dalle forze speciali italiane, condotta contro un covo di insorti per catturare alcuni ribelli afghani nella zona di Bakwah, nell'area a est di Farah, nella provincia di Herat in Afghanistan. "A nome mio e del Movimento che rappresento, esprimo il più sentito cordoglio alla famiglia del tenente Alessandro Romani, del nono Reggimento d'assalto 'Col Moschin' della brigata Folgore, morto dopo le ferite riportate nell'azione militare di questa mattina" dichiara Vincenzo Galizia Presidente nazionale del Fronte Verde Ecologisti Indipendenti, che continua il suo intervento: "finirà mai questa guerra che era iniziata come una missione di pace ed invece sempre più macchiata dal sangue dei nostri soldati? Il Fronte Verde chiede per l'ennesima volta al Governo italiano il ritiro delle nostre truppe dal territorio afghano, per porre fine ad una guerra infinita".

10/09/10

Quell'equivoca confusione tra sinistra e ambientalismo...

di Alex Langer
Nel 1985 Alex Langer, introducendo a Firenze l'assemblea nazionale in vista della costituzione delle liste verdi, affermò che gli ecologisti "non sono né di destra né di sinistra". Ci fu polemica allora, e polemica c'è tuttora verso quella definizione. Il verde o è rosso o non è, venne detto. Langer argomentò così la sua posizione.

Alcuni liquidano la questione destra/sinistra con un riferimento al totem ed al tabù. Al totem: "non si può essere verdi senza essere rossi"; chi non fosse riferibile ad una scelta "di sinistra" e non riconoscesse come suoi i totem della sinistra (la centralità della classe operaia? la priorità della contraddizione tra capitale e lavoro?), non sarà un vero verde. Al tabù: “e chissà da chi sono pagati quei verdi”, che magari nascondono il socialdemocratico, il democristiano e, chissà, il fascista nelle proprie file e quindi si smascherano da sé. Sono nemici, non vogliono l'alternativa, si inquadrano nel gioco dei padroni. E fanno di destra e sinistra un sol fascio. Fosse così semplice, sarebbe persino da stare allegri. E invece è tutto terribilmente più complesso. Perché è assai difficile stabilire cosa voglia dire essere di sinistra oggi, e distinguere la sinistra per le sue opere, non solo per le sue parole. E poi bisognerà interrogarsi anche sull'utilità pratica di certe classificazioni, e trarne delle conseguenze. Infine, converrà domandarsi come stabilire un fruttuoso dialogo tra verdi e rossi, senza pretendere di definire una netta linea di demarcazione e senza esigere professioni di devozioni agli schieramenti ereditari. Cos'è oggi la sinistra e la destra? In un mondo in cui la Cina chiama ingegneri stranieri per affidare a loro la ristrutturazione efficientista di certe fabbriche; in cui l'economia sommersa entra nell'orizzonte teorico e pratico degli economisti della socialdemocrazia austriaca; il concetto di sinistra perlomeno non si rivela immediatamente utile. Per non parlare di politica estera e militare, dove notoriamente sinistra e destra si comportano in genere come il cacciatore ed il bracconiere: fanno le stesse cose, ma si distinguono per la qualificazione nominale di quel che fanno. È di sinistra quel che fa la sinistra (compresa le centrali nucleari, la force de frappe atomica di Mitterand, i progetti autostradali difesi dai sindacati perché danno lavoro...) o bisogna anche che ci sia qualcosa di "rosso" nei contenuti? È di sinistra l'insistenza per lo "sviluppo" (industrialismo, espansione, crescita del prodotto naz. lordo) e magari di destra la de-industrializzazione? La delegittimazione dell'utopia socialista. Ma - si dirà - se per sinistra si intende uno schieramento sociale, o meglio, l'indicazione di una tradizione politico - culturale, non ci si può rifugiare nell'agnosticismo. Vero. E per giunta la sinistra in Italia (anche perché all'opposizione) è stata in gran parte il terreno di coltura di quelle forze che oggi si preoccupano esplicitamente più della sopravvivenza della specie che non del trionfo della classe. Questa sinistra, né unitaria, né sempre coerente, ha indubbiamente molti meriti in Italia. Ha contributo (ma non solo lei) all'emancipazione politica, sociale e culturale di larghi strati di popolazione; ha conquistato e via via saputo ampliare molti spazi democratici, a cominciare dalla resistenza contro il nazifascismo; si è battuta per significativi passi in avanti verso una maggiore giustizia distributiva e migliori condizioni di vita sociale: ha generato (non sempre volontariamente) importantissimi ed incisivi movimenti di massa; si è dimostrata una fertile fucina di idee, di cultura. Ma accanto a questi ed altri indubbi meriti, la sinistra ha contributo anche a provocare una situazione sempre più bloccata che oggi la vede prigioniera di alcuni suoi meccanismi, ed in ritirata un po' su tutto il fronte. In particolare l'insistenza della sinistra sull'alternativa di governo come premessa di ogni processo di cambiamento sociale ha finito per premiare lo schieramento avversario: la sinistra non è riuscita - salvo nelle regioni rosse e su contenuti ben poco alternativi - a costituire intorno a sé un sistema di alleanze sociali capace di conquistare la maggioranza sociale, non solo politica. Oggi la mancanza di grandi progetti a sinistra e la perdita di legittimazione dell'utopia socialista non favorisce certo la prospettiva di una nuova aggregazione imperniata sulla sinistra, anche se la decadenza e la corruzione del "capitalismo realizzato" può contribuire a determinare certi effimeri successi elettorali. Vecchio e Nuovo Testamento. Ed ora qualcuno vorrebbe che le nuove spinte che possono provenire da un'impostazione "verde" - con tutta la sua carica di radicalità eco-pacifista e di critica di fondo alla civiltà dominante, ma anche con tutta l'ingenuità e la frammentarietà di un abbozzo teorico, ideale e sociale ancora in fieri - passassero per forza attraverso la cruna del dogma rosso e dello schieramento "di sinistra", quasi fosse l'unico abilitato ad ospitare e legittimare teorie e prassi di trasformazione sociale. In altra occasione mi è capitato di paragonare il rapporto tra il "verde" ed il "rosso" al rapporto che i cristiani vedono tra il Nuovo e l'Antico testamento, tra cristianesimo ed ebraismo. Anche ai primi cristiani, consapevoli di essere portatori di una carica innovativa radicale, qualcuno dalle loro stesse file chiedeva di vestire i panni della legge d'Israele e di rispettare la tradizione dei suoi profeti, e di situare la nuova predicazione sostanzialmente all'interno del mondo ebraico, pretendendo dai nuovi adepti (pagani) del Vangelo anche la circoncisione e la frequentazione del codice israelitico. "Non si può essere cristiani senza essere ebrei", decretavano questi custodi della tradizione. Se il cristianesimo non avesse superato quell'angusta impostazione, si sarebbe ridotto a diventare uno dei filoni (forse una delle sette) della tradizione israelita e ne avrebbe probabilmente seguito le sorti, compresa la distruzione del tempio e la diaspora. Accettando invece di operare in campo aperto, tra i gentili, senza pretenderne la conversione all'ebraismo, il cristianesimo - pur non buttando alle ortiche il Vecchio testamento ed i suoi insegnamenti - è diventato quel fermento (positivo o negativo che lo si giudichi) epocale che si sa. Senza voler forzare le analogie - dato che i paragoni sono spesso ingannevoli - vorrei affermare che 1) non è vero che il "verde" sia il naturale e scontato prolungamento della tradizione politico-culturale e del radicamento sociale dei "rossi"; 2) un affiancamento troppo stretto dei "verdi" ai "rossi" rischierebbe di sterilizzare una buona parte del potenziale dinamico che l'ecologismo ed il pacifismo può attivare in aree non toccate dalla sinistra o ad essa inaccessibili. La logica dei blocchi o di qua o di là. All'interno della sinistra assai spesso si ragiona con una logica dei blocchi non troppo dissimile da quella tra est e ovest: si deve stare da una delle due parti (o a destra, o a sinistra; o con i padroni o con la classe operaia, ecc.), tertium non datur, chi vuole sfuggire a questa polarizzazione forzata, in fondo intende fare il gioco di qualcuno ("dell'altro blocco", a seconda del punto di vista). Ma così ci si accontenta di aver individuato una contraddizione ritenuta principale e di raggruppare in riferimento ad essa ogni cosa, selezionando tra ragioni valide e prospettive ingannevoli, tra amici e nemici, tra arretratezza e progresso. Una logica di blocco non favorisce i cambiamenti, le nuove aggregazioni, la possibilità di introdurre nuovi valori e prospettive. In questo senso ritengo che un ragionamento "verde" sia e debba essere trasversale rispetto alla tradizionale logica della sinistra e possa, anche per questo motivo, incentivare la formazione di nuovi progetti e di nuove alleanze sociali. Pensiamo allo statalismo assai radicato nella sinistra, o al suo sostanziale industrialismo, o alla forte inclinazione al centralismo, o al "lavorismo" che caratterizza la sinistra, o alla sua diffidenza verso l'individuo non organizzato, o ai temi ambientali (energia, edificazione sul territorio, trasporti, uso delle risorse, ecc.) o ad infiniti altri momenti fondanti di un ripensamento critico della civiltà attuale in chiave ecologica. Pretendere dai "verdi" di incamminarsi lungo i binari segnati dalla tradizione di sinistra o di considerare naturali alleati nelle possibili giunte o governi, mi parrebbe un grave errore, anche se non si può certamente negare che su molti altri valori - di democrazia, di giustizia sociale, di liberazione dallo sfruttamento, - ci potranno essere terreni comuni. Anche se per tutto un periodo non breve l'approfondimento di una visione ecologista porterà allo scoperto distanze assai marcate tra "verde" e "rosso", ed i conflitti sul nucleare, sul terzo mondo, sul militarismo, sulla "fuoriuscita dall'industrialismo", sul sindacato e più in generale sulla concezione del "progresso", saranno assai dolorosi. Ciò non significa né che i "verdi" si lancino in primo luogo contro la sinistra, né che essi si possano considerare equidistanti tra destra e sinistra, quasi fossero il nuovo centro: si dovrà ben tenere presente la differenza tra chi ha realizzato e gestisce il capitalismo industrialista e chi, non essendone gestore, se ne mostra subalterno e spesso velleitario critico e pretendente alla successione. Non è ancora detto che i "verdi" riusciranno a costruire, con la necessaria pazienza e laicità, un proprio progetto complessivo che vada oltre il rifiuto dell'esistente e oltre la sottrazione di consensi alla civiltà dominante. Può darsi che anch'essi cedano alla logica degli schieramenti, subordinandosi a quella preconfezionata o snaturando il proprio contributo con cadute integralistiche e settarie. Ma è più probabile che essi diventino punto di incontro, di rifondazione e di fusione di aspirazioni nuove e vecchie, dove - intorno all'ecologismo - accanto a qualche bandiera lasciata cadere a sinistra (ed in particolare di quelle "settantottesche") si raccolga anche qualche idealità smarrita tradizionalmente dalle sinistre e magari rifugiata a destra: il senso della differenza contro un malinteso trionfo dell'eguaglianza; il bisogno di identità di tradizione di "patria" particolare; una domanda di spiritualità e di interiorità; una rivalutazione dell'iniziativa personale e di gruppo rispetto alla priorità dell'"ente pubblico"; una ricerca di "comunità" non riconducibile alla socialità politicizzata e strutturata propria della tradizione di sinistra... Un polo autonomo di elaborazione e di aggregazione che riesca ad esprimere bisogni "impolitici" e non toccati dalla consolidata polarizzazione politica, quale lo possono diventare i "verdi", è oggi più necessario che non l'ennesima variante del "rosso".