21/12/08

Solstizio d'Inverno: storia e tradizione

di Vincenzo Galizia

Il Solstizio d'Inverno cade tra il 21 e il 22 dicembre, questa data coincide con il giorno più corto dell'anno e con la notte più lunga.
Il Sole è al nadir, il punto più basso che tocca sulla linea dell'orizzonte rispetto al parallelo locale.
Da questo giorno il suo potere comincerà a crescere, a rinascere e per questo i popoli dell'antichità celebravano il ritorno del figlio della promessa. Il Natale è la versione cristiana della rinascita del sole, fissato secondo la tradizione al 25 dicembre dal papa Giulio I (337 -352) per il duplice scopo di celebrare la nascita del Cristo come "Sole di giustizia" e creare una celebrazione alternativa alla più popolare festa pagana. I popoli antichi, da sempre festeggiavano il Solstizio, come i Saturnali della Roma antica, Alban Arthan (la Luce di Artù) nella tradizione druidica, o Yule in quella Germanica, ed altre ancora nelle tradizioni dei popoli dell'emisfero boreale.
I Saturnali affondano le radici negli arcaici riti di rinnovamento legati al solstizio d'inverno, quando il Vecchio Sole moriva per rinascere Sole Fanciullo e Saturno era il dio che presiedeva l'Avvento del Natale del Sole Invitto, intendendo il Sole non in senso naturalistico, bensì essenza ed epifania del dio Creatore e Vivificatore. Sarebbe oltremodo riduttivo e svilente considerare i Saturnali semplicemente delle festività più o meno allegre e licenziose, così come una certa tradizione cristiana ha contribuito a far credere.
I Saturnali, in effetti, esprimono un profondo pensiero religioso la cui essenza risale alla Notte dei Tempi, a quella Notte di cui auspicavano il ritorno, illuminata dalla Luce di un Fanciullo Divino. Per poter penetrare nell'effettiva natura spirituale dei Saturnali occorre risalire la corrente del Tempo sino alle leggendarie origini di Roma, quando i suoi miti s'intrecciano con quelli di un'altra epica città, cioè Troia.
A Roma si svolgevano dal 17 al 23 dicembre, come stabilito dall'Imperatore Domiziano. Alban Arthuan, rappresenta nella tradizione druidica un momento in cui possiamo aprirci alle forze dell’ispirazione e del concepimento. Tutto attorno a noi è oscurità.
La nostra sola guida è Arturo, l’Orsa Maggiore, la Stella Polare.
Nel silenzio della notte nasce l’ispirazione.
Tanto la festività che la funzione sono collocate al Nord, il regno della morte e del mezzo inverno. Il cuore della cerimonia è la conclusione rituale del lutto per la morte della luce, in qualunque forma divina o astratta venga percepita.
L’anno che si è avvicinato alla fine con l’arrivo dell’inverno, portando con se il caos e l’incertezza dell’oscurità, ora viene lasciato alle spalle.
Il miracolo della nascita ha fermato lo scorrere verso l’oscurità: il flusso si è invertito. La germanica Yule o Farlas, è insieme festa di morte, trasformazione e rinascita. Il Re Oscuro, il Vecchio Sole, muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall'utero della Dea: all'alba la Grande Madre Terra dá alla luce il Sole Dio. La pianta sacra del Solstizio d'Inverno è il vischio, pianta simbolo della vita in quanto le sue bacche bianche e traslucide somigliano allo sperma maschile. Il vischio, pianta sacra ai druidi, era considerata una pianta discesa dal cielo, figlia del fulmine, e quindi emanazione divina.
Buon solstizio a tutti.

14/12/08

Clima, Vincenzo Galizia: si pensa alle industrie invece che all'ambiente

Si è conclusa nella notte a Poznan, in Polonia, la conferenza delle Nazioni Unite sul clima. Al vertice, gli Stati firmatari della Convenzione dell'Onu sui cambiamenti climatici (Unfccc) hanno adottato una "road map" - un calendario e un programma di negoziati - per arrivare nei prossimi 12 mesi (dal 7 al 18 dicembre 2009) alla conferenza di Copenaghen in Danimarca, ad un accordo mondiale per frenare il riscaldamento globale. Hanno partecipato alla conferenza 12 mila delegati di 190 paesi, gli Usa erano rappresentati per l'ultima volta dall'amministrazione Bush, che ha sempre rifiutato qualsiasi accordo multilaterale vincolante. Paesi industrializzati firmatari del Protocollo di Kyoto (tutti tranne gli Usa), del quale i primi impegni scadono nel 2012, sono pronti a riprendere obiettivi di riduzione delle loro emissioni inquinanti. Sono pronti a considerare una riduzione tra -20% e -40% nel 2020 rispetto al 1990. Inoltre sono stati fissati i seguenti punti: 1. Darsi un obiettivo comune mondiale (un aumento massimo delle temperature, una quota massima di gas serra, ecc); 2. Stabilire chi, per raggiungere tale obiettivo, dovrà ridurre le sue emissioni e quanto; 3. Approntare strategie di cooperazione per fronteggiare i gravi problemi economici di adattamento che molti paesi, specie tra i più poveri (e meno responsabili), si troveranno ad affrontare; 4. Studiare strategie comuni di ricerca per lo sviluppo di tecnologie pulite; 5. Pianificare quali strumenti finanziari utilizzare per fronteggiare i danni economici globali dovuti al surriscaldamento globale; 6. Approntare strategie per disincentivare la deforestazione nei paesi dove si ergono le grandi foreste primarie (la deforestazione è causa per un terzo dei cambiamenti climatici); 7. Studiare misure politiche per disincentivare ulteriormente l’utilizzo del carbone. Sui lavori della conferenza, con una nota è intervenuto il movimento Fronte Verde tramite il Presidente nazionale Vincenzo Galizia «Speriamo che, come sembra in apparenza, non saranno rivisti gli obiettivi previsti di ridurre entro il 2020 le emissioni di gas serra del 20% e di raggiungere una quota del 20% a favore delle energie rinnovabili e dell'efficienza energetica. Anche se molti dubbi permangono. Si registra per l'ennesima volta la mancata presa di posizione degli Stati Uniti, che restano il principale paese inquinante al mondo, si deve aspettare le decisioni della nuova amministrazione Obama. Inoltre l'Italia si è preoccupata più che del clima di difendere le proprie industrie. Dobbiamo ringraziare Berlusconi, perché ha fatto vincere all'Italia, il premio "Fossil of the Day Award" che viene assegnato al Paese che si distingue per la peggiore politica nei confronti dei combustibili fossili. Non c'è che dire proprio un bel premio ecologico. D'altronde il capo del governo aveva esordito in apertura della conferenza dichiarando che era assurdo parlare di emissioni, quando c'è una crisi in atto, non capendo che proprio intervenendo a protezione del clima si possono trovare gli strumenti per superare l'attuale crisi, provocata dall'industrie e dal sistema fallimentare politico economico imposto dagli Usa.»

12/12/08

Amazzonia, Vincenzo Galizia: continua l'attacco delle multinazionali al polmone verde del mondo

Secondo il ministro dell’ambiente brasiliano Carlos Minc, l’azione predatoria delle compagnie di legname, delle imprese minerarie e dei latifondi di agrobusiness ha già provocato la sparizione di circa 70 milioni di ettari di foresta. A tal proposito è intervenuto con una nota il movimento ecologista Fronte Verde tramite il Presidente nazionale Vincenzo Galizia: «il disastro ecologico perpetrato contro la foresta Amazzonica da parte delle multinazionali è qualcosa di spaventoso ed irresponsabile, che comporta inevitabili ripercussioni sulla biodiversità, sulla flora e fauna autoctone. Basti pensare che negli ultimi dieci anni, l'attacco delle multinazionali al "polmone" verde del mondo ha fatto scomparire oltre 22 milioni di ettari di foresta pluviale, che fino al 1968 era rimasta praticamente intatta. Da allora è iniziata un opera di disboscamento e di devastazione della foresta. Fino ad oggi sono stati deforestati 800 mila chilometri quadrati, ovvero il 16% dei 3,5 milioni di chilometri quadrati del territorio amazzonico brasiliano.
Molto spesso, dopo aver tagliato gli alberi, la foresta residua viene bruciata e sulle sue ceneri vengono seminate piante erbacee infestanti a crescita rapida, che impediscono la crescita di nuovi alberi.
Un attacco sistematico e continuato al "polmone" verde del pianeta.
Concordiamo con il Ministro brasiliano Minc, che ha chiesto giustamente alla Conferenza internazionale sul clima a Poznan di raggiungere l'obiettivo di deforestazione zero, basterebbe ridurre del 50% la distruzione della foresta amazzonica nei prossimi 10 anni per ottenere una diminuzione di quasi cinque miliardi di tonnellate nelle emissioni di anidride carbonica (CO2) nell’atmosfera del pianeta.
Non si deve dimenticare che se non si ferma la deforestazione della foresta Amazzonica o peggio ancora se dovesse essere completamente rasa al suolo lancerebbe nell’atmosfera circa 50mila milioni di tonnellate di carbonio l’anno, una quantità insopportabile per gli esseri viventi, che causerebbe una mortalità di massa. Il problema della distruzione dell'Amazzonia è qualcosa di così grande e pericoloso, che riguarda tutto il mondo e non solo il Brasile.»